Generazione Reset.

Ciao,

l’altro giorno la mia nipotina acquisita mi ha mostrato il suo ultimo capolavoro: un video TikTok con una colonna sonora generata da AI, immagini create con Midjourney e una sceneggiatura scritta da ChatGPT.

Tutto assemblato in dieci minuti.

Mentre guardavo quei contenuti, ho pensato: stiamo assistendo alla nascita della prima generazione che produrrà creatività grazie all’AI invece di sfruttare la propria immaginazione?

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Il Paradosso della Creatività Semplice e Infinita.

Viviamo in un momento storico paradossale. Mai come oggi abbiamo accesso a strumenti così potenti per creare. Stanno arrivando modelli AI che generano interi mondi virtuali da una semplice immagine. Puoi scrivere una canzone senza saper suonare, fare un film senza aver mai toccato una telecamera, disegnare senza aver mai impugnato una matita.

Ma ecco il paradosso: più strumenti abbiamo per creare, meno siamo creativi. Non sto parlando della qualità del risultato finale, ma del processo creativo. Dello sforzo, del fallimento, della ricerca, dell’errore che diventa opportunità. E soprattutto del flow, quella sensazione che ti invade quando sei assorbito da un compito creativo. Quell’eccitazione che hai quando il tempo si ferma, la mente si svuota e le idee fluiscono senza sforzo. È lo stato di estasi in cui il pittore dimentica di mangiare, lo scrittore perde la cognizione del tempo, il musicista suona fino all’alba senza accorgersene. È il vero motivo per cui si vuole diventare creativi.

C’è poi un’altra cosa importante. La creatività è sempre stata un muscolo che si sviluppa con l’allenamento. Come impari a suonare la chitarra? Suonando male per mesi. Come diventi un buon scrittore? Scrivendo schifezze per anni. Come sviluppi il tuo stile? Copiando gli altri finché non trovi la tua voce. E cosa succede quando salti tutto questo? Quando l’AI ti permette di arrivare direttamente al risultato?

È come mangiare ogni giorno al ristorante invece di imparare a cucinare: mangi bene ma non sai distinguere il basilico dal prezzemolo (a proposito, il basilico serve per il pesto, ma il prezzemolo a cosa serve?). Il risultato è perfetto, ma tu non sei cresciuto.

Questa dipendenza dai tool automatici potrebbe creare una generazione di creativi che riescono a produrre qualità ma non sanno riconoscerla, né produrla autonomamente. La Gen Z è la prima generazione a crescere con l’AI come compagna quotidiana. Per loro chiedere a ChatGPT di scrivere un tema, o a Midjourney di creare un’immagine, è normale quanto per noi è cercare informazioni su Google. Non è barare, è semplicemente un modo diverso di lavorare. Ma cosa succede al concetto stesso di creatività quando diventa un servizio on-demand? Quando l’ispirazione arriva in 0,3 secondi invece che dopo ore di vuoto mentale? Quando la tua idea è il risultato di miliardi di esempi precedenti processati da un algoritmo?

Sono convinto che il problema non sia l’AI in sé. Il problema è che stiamo crescendo una generazione che potrebbe non sapere più cosa significa creare nel senso più profondo del termine. Perché creare non è solo produrre contenuti, è anche sviluppare un punto di vista unico, una voce personale, un’estetica riconoscibile. E come si fa a sviluppare un punto di vista unico se tutti i riferimenti arrivano dallo stesso algoritmo? Come si fa a trovare la propria voce se non si è mai dovuto lottare con le parole? Come si fa a creare uno stile se non si è mai sperimentato, fallito, riprovato?

È come se avessimo sostituito tutti i musicisti con uno stereo perfetto: la musica che esce è impeccabile, ma nessuno sa più suonare né sa come nasce una melodia. Abbiamo il risultato, ma abbiamo perso la magia del processo. Ci siamo persi la bellezza dell’esplorazione di quella zona misteriosa in cui l’idea prende forma, si trasforma, talvolta si ribella alle tue intenzioni e ti sorprende. Eppure, forse, è proprio qui che si nasconderà la nuova creatività. Perché mentre tutti si affideranno agli stessi strumenti, chi saprà usarli in modo originale e competente avrà un vantaggio enorme.

Come posso scegliere tra decine di soluzioni creative, migliorarle, se prima non mi sono creato un gusto personale, non ho maturato uno sguardo critico, non mi sono costruito i miei strumenti e coltivato la mia cultura estetica? È un circolo vizioso: senza aver mai sviluppato il proprio ideale creativo, come si fa a distinguere tra buono e ottimo? Tra originale e banale? Tra autentico e artificiale?

Nell’era della perfezione algoritmica, l’imperfezione umana potrebbe diventare il nuovo lusso. Nell’epoca dell’AI onnipresente, saper creare senza AI potrebbe diventare un superpotere. Potrebbe significare continuare a perseguire l’originalità, fuggire dall’omologazione. Forse la vera domanda non è “Come possiamo competere con l’AI?” ma “Cosa possiamo fare che l’AI non può fare?”. La risposta, probabilmente, è proprio nell’essere umani. Vivere esperienze uniche, emozioni autentiche, avere punti di vista personali nati dalla nostra storia, dalle nostre paure, dalle nostre ossessioni.

La Gen Z crescerà in un mondo dove tutti sapranno creare contenuti, ma solo alcuni sapranno creare significati. E forse questo potrebbe renderla la generazione più creativamente interessante della storia. Perché quando tutti possono fare tutto, solo chi sa cosa vale la pena creare fa la differenza.

Il futuro della creatività non è nella competizione con l’AI, ma consiste nella riconnessione con noi stessi. Con la nostra umanità, con la nostra unicità. Nella capacità di guardarci dentro in maniera autentica e saper riconoscere quello che emoziona noi e, di conseguenza, gli altri. E questo, nessun algoritmo può insegnarcelo.

Lo Spazio di Sara.

Anche questa settimana ecco il solito appuntamento con lo spazio di Sara Palmieri. Se la sua caustica ironia ti ha creato addiction, puoi seguirla su Facebook e LinkedIN.

Fresh Stuff.

Il triangolo iconico di Toblerone torna con una dichiarazione di libertà: basta con i morsi delicati e le scenette educate. Questa campagna globale firmata LePub mostra come dovremmo gustare il cioccolato, e cioè divorandolo senza timori o giudizi. Il film è del regista danese Martin Werner, supportato per dalla fotografa di moda Amy Lombard. Il risultato è un originale carosello di characters che si abbandonano al piacere in modo animalesco ma elegante. Bocche piene, guance sporgenti, facce distorte: una campagna che celebra l’istinto primordiale invece di reprimerlo.

Il regista Louis McCourt firma uno spot che racconta una festa di compleanno al contrario, dal caos finale alla preparazione iniziale. Un film che gioca sulla nostalgia per posizionare il supermarket online come una costante affidabile nel caos quotidiano. Il brand è Ocado, l’agenzia è Uncommon, la colonna sonora è “Forever Be” dei Chemical Brothers.

Il brand VRST ci introduce nel “meravigliosamente strano mondo degli uomini”. Metà videoclip musicale, metà lettera d’amore alle manie maschili, lo spot gioca con ironia sui rituali quotidiani dei maschi. L’agenzia è Opinionated, la regia di Rodrigo Valdes.

Chi sono.

Mi chiamo Mizio Ratti e faccio il copywriter da più di trent’anni.

Se questo non ti basta posso aggiungere che attualmente sono Direttore Creativo e Partner di due agenzie di comunicazione: Enfants Terribles e Hallelujah. Questi sono i miei ultimi spot pubblicitari: Lenor Capri, Unstoppables, Lenor Portofino.

Se poi hai un carattere stalker e vuoi saperne tutto su di me puoi trovare molto di quello che mi riguarda qui: linktr.ee/mizioblog

Oltre che su questa newsletter puoi seguirmi su YouTube dove sto realizzando una serie di interviste ai migliori creativi della pubblicità italiane. Il format si chiama THE CHREATIVITY DOGMA e puoi iscriverti al mio canale QUI.

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